TRA PRANZI E CENONI NATALIZI, COSA FARE QUANDO IL MALTRATTANTE È A TAVOLA? 

Bologna, 16 dicembre 2024

TRA PRANZI E CENONI NATALIZI, COSA FARE QUANDO IL MALTRATTANTE È A TAVOLA? 

Quasi il 75% delle donne che si sono rivolte ai Centri del Coordinamento nel 2024 lo ha fatto in seguito a violenza agita da un partner o un familiare 

Intorno a Natale si parla poco di violenza di genere, un po’ perché non si addice all’atmosfera e un po’ perché il 25 novembre è passato da poco e l’argomento sembra saturo. Ma pranzi di famiglia e cenoni di Natale non sono un momento di festa per tutte.  Delle 4467 donne che si sono rivolte ai Centri Antiviolenza del Coordinamento dell’Emilia-Romagna nei primi dieci mesi del 2024, il 62,3% lo ha fatto perché ad agire violenza era il partner, il 15,9% l’ex partner, ed il 10% un familiare.

La realtà è che anche le feste possono diventare un pretesto per il maltrattante per agire violenza: nel recentissimo caso di tentato femminicidio avvenuto a Guastalla (RE) l’ex partner di una donna l’aveva convinta ad incontrarlo per aiutarlo nell’acquisto dei regali di Natale per poi tentare di ucciderla a coltellate.

Non sono gli sconosciuti il pericolo maggiore per le donne, ma gli uomini a cui sono più vicine e con i quali, durante le feste, si troveranno a condividere più tempo del solito. Le festività diventano, inevitabilmente, un momento pericoloso per le donne che si trovano in situazioni di violenza. 

Le festività sono anche un momento d’incontro delle famiglie allargate, in cui può capitare di notare situazioni di violenza e quindi desiderare di offrire un aiuto, una via d’uscita. Come fare, quindi, per contrastare la violenza sulle donne anche a Natale?

Innanzitutto, ricordare che i Centri Antiviolenza restano aperti anche a Natale!

Se ti trovi in una situazione di violenza rivolgiti al centro più vicino. È possibile chiamare o mandare un messaggio whatsapp. Chiamare un CAV non implica MAI l’obbligo della denuncia. È possibile chiamare anche solo per chiedere informazioni o aiuto nella valutazione del rischio. Nei CAV troverai tutte le informazioni.

Se ci si trova ad assistere a situazioni di violenza (ad esempio aggressione verbale) la pratica dei Centri ci insegna che è importante non sostituirsi mai alla volontà della donna: intervenire direttamente al suo posto per rispondere all’uomo (padre, partner o familiare che sia) rischia di innalzare il livello di violenza con conseguenze prima di tutto per la donna stessa. A meno che non sia quest’ultima a chiederci di intervenire, la cosa migliore è offrirle aiuto e supporto MA MAI DAVANTI ALL’UOMO CHE PENSIAMO STIA AGENDO VIOLENZA!

La prima cosa da fare è fornire i contatti del Centro Antiviolenza, chiarendo alla donna che è possibile chiamare senza nessun obbligo di denuncia, e magari offrirsi di accompagnarla al Centro o aiutarla a trovare un momento sicuro in cui recarsi al CAV.

Anche se è la donna che deve iniziare il percorso di fuoriuscita dalla violenza, in caso di dubbi od emergenza, anche un terzo che voglia aiutare la donna, può chiamare un CAV per chiedere chiarimenti o indicazioni.

È anche necessario ricordare che gli uomini maltrattanti tendono ad isolare le donne dalle proprie relazioni familiari ed amicali. È importante quindi evitare il più possibile di contribuire a questo meccanismo.

Infine, il periodo Natalizio può essere molto doloroso e difficile anche per le donne che sono già uscite da situazioni di violenza: da una parte si sentono in colpa per aver interrotto la relazione con il maltrattante (il 90% delle donne che si rivolgono ai centri subiscono anche violenza psicologica, che le porta a credere di essere la causa del comportamento violento agito dal maltrattante). Dall’altra spesso sono sole perché la famiglia e gli amici, quando non si sono addirittura allontanati, frequentemente assumono un comportamento a dir loro “neutrale”, non rendendosi conto che in situazioni di violenza dichiararsi “neutrali”, di fatto, significa favorire il violento e alimentare il senso di colpa e di isolamento emotivo nelle donne che hanno intrapreso il difficile percorso di uscita dalla violenza. 

Referente per la stampa:

Laica Montanari Presidente del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna

DIMINUISCE LA DURATA DELLE VIOLENZE: È GRAZIE A QUELLA CHE IL MINISTRO ALLA PUBBLICA ISTRUZIONE HA DEFINITO LA “VISIONE IDEOLOGICA” DEI CENTRI ANTIVIOLENZA

In occasione del 25 novembre il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna diffonde una valutazione dei dati parziali al 31 ottobre

Le donne restano meno tempo in una relazione violenta. È quanto emerge dalla raccolta dati dei Centri antiviolenza.  Dal 2000 a oggi, le violenze della durata di sei anni o più sono diminuite del 10%: dal 51% al 40% dei casi. Nello stesso tempo, sono aumentate le richieste di aiuto delle donne che riportano di subire violenza da meno di un anno. Dal 2000 al 2024 l’aumento è dal 20% al 36%. Le donne riconoscono la violenza in tempi più brevi e interrompono più velocemente il ciclo della violenza: questo è il risultato del lavoro sul territorio portato avanti dai Centri Antiviolenza, non solo nell’accoglienza diretta ma anche a livello sociale e culturale.

Dopo le dichiarazioni del ministro della Pubblica Istruzione, nel giorno della presentazione della Fondazione Cecchettin, alla Camera, supportate dalla Presidente del Consiglio, dobbiamo prendere atto che è in corso un tentativo di strumentalizzare il fenomeno della violenza maschile a vantaggio della propaganda sull’allarme immigrazione. Nello stesso tempo, la negazione della matrice culturale della violenza maschile, alimentata da una storica asimmetria di potere tra uomini e donne, rivela una precisa strategia politica, di non contrastare quelle disparità, di non intervenire per sradicare pregiudizi e stereotipi. Del resto, le politiche familistiche del Governo Meloni, il controllo sui corpi delle donne con l’ingresso dei cosiddetti prolife nei consultori, manifestano l’adesione ideologica alla subalternità delle donne.  Ricondurre il femminicidio commesso da italiani, come ha fatto il ministro, a residui di maschilismo, vuol dire minimizzare un fenomeno che è strutturale. Patologizzarlo come disturbo narcisistico, vuol dire connotarlo come un problema individuale che riguarda la sanità, invece è un problema sociale e politico.  Che il patriarcato e la violenza contro le donne continuino a esistere nonostante l’aggiornamento del diritto di famiglia del 1975, ce lo raccontano le decine di migliaia di donne che abbiamo accolto negli ultimi vent’anni.

I dati sugli autori della violenza raccolti dai nostri Centri nel 2024 ci dicono che nel 62,3% dei casi ad agire la violenza è stato il partner della donna. Nel 15,9% l’ex-partner, e nel 10% un familiare. I casi di violenze agite da sconosciuti (a prescindere dal loro stato di cittadinanza) sono inferiori al 2%. Non raccogliamo il dato sui “fenomeni di violenza sessuale legati a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”, ma se ci fosse un modo di farlo, costituirebbero una minima parte di questo già poco rilevante 2% dei casi.

I dati dei centri del Coordinamento nel 2024 (aggiornati al 31 ottobre)

Le donne che si sono rivolte ai 15 Centri antiviolenza del Coordinamento sono state complessivamente 4735. Fra di esse, le vittime di violenza sono state 4467, pari al 94,3%. Sono state 2952, coloro che per la prima volta, nel periodo indicato, si sono rivolte ad un Centro antiviolenza, pari al 65,5%, mentre le donne in percorso da anni precedenti, sono state in totale 1542, il 34,5%. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente,  si è verificato un aumento di +11,5 punti percentuali (+460 donne). Nel 2023, erano state infatti 4007 le donne accolte che avevano subito violenza, un aumento che riguarda sia le donne nuove che le donne in percorso da anni precedenti.

Tende quindi a stabilizzarsi il trend positivo di crescita delle richieste di aiuto delle donne vittime di violenza ai Centri antiviolenza del Coordinamento regionale, confermando il processo di emersione in atto del fenomeno. Sappiamo, infatti, che le donne accolte dai Centri antiviolenza rappresentano solo la punta di un iceberg, che i dati dell’ISTAT del 2015 attestano intorno al 4,9%, di tutte coloro che hanno subito violenza. Rispetto al bisogno di aiuto delle donne, i Centri antiviolenza andrebbero sostenuti e potenziati perché sono una risorsa fondamentale.

Considerando solo le donne nuove che hanno subito violenza, quelle nate in Italia nel 2024 sono state 1810 e risultano pari al 64,5%; le donne provenienti da altri paesi sono state 996 e rappresentano il 35,5% delle donne nuove accolte che hanno subito violenza. Le donne con figli/e sono state 1832, pari al 68,1%; le donne senza figli/e 860, il 31,9%. Sono dati che si discostano di poco – diminuiscono di 2 punti percentuali le donne con figli/e – rispetto a quanto rilevato nel corso dello scorso anno.

Dal 1 gennaio al 31 ottobre 2024, i figli/e che hanno subito violenza diretta o assistita sono stati 2049, pari al 62,1% di tutti i/le figli/e delle donne accolte, in totale 3297. Un dato che registra un aumento di 10 punti percentuali rispetto al 2023, nel 2023 infatti i figli/e delle donne accolte vittime dirette o indirette di violenza sono stati 1566, pari al 52%.

Per quanto riguarda le tipologie di violenza subita, spesso plurime e contestuali, nell’arco di tempo considerato le donne che hanno subito violenza fisica sono state il 58,4% di tutte le donne accolte; coloro che hanno subito violenza economica sono state il 35,4%; le donne che hanno subito violenza sessuale il 17,4%; le donne che hanno subito violenza psicologica il 90,4%. Rispetto al 2023 si è verificata una leggera diminuzione di tutte le tipologie di violenza (-2 punti percentuali) subite dalle donne accolte, fatta eccezione per la violenza psicologica che è aumentata di 3 punti percentuali.

Considerando ogni tipo di ospitalità, anche le ospitalità in emergenza, presso strutture autogestite dai Centri o in convenzione e le ospitalità in semiautonomia, le donne ospitate dal 1° gennaio al 31 ottobre 2024 sono state 456. Il 52,5% (239 donne) è stato ospitato con i figli/e, il 47,6% (217 donne) senza figli/e. I figli/e ospitati sono stati 389 per un totale di 845 donne e/o bambine/i ospitati. Le notti di ospitalità sono state complessivamente 72.699, in media 86 notti per donna e/o figlio/a ospitata/o. Coloro che sono state ospitate in una situazione di emergenza sono state 266, pari al 58,3% di tutte le donne ospitate.

Referente per la stampa:

Laica Montanari, Presidente del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna

Giuditta Creazzo, Coordinatrice del Gruppo Osservatorio del Coordinamento dei Centri