PANDEMIA, ALLUVIONI, GUERRE: LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE NON SI FERMA MAI

Bologna, 28 ottobre 2024

PANDEMIA, ALLUVIONI, GUERRE: LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE NON SI FERMA MAI

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna sul femminicidio di Marina Cavalieri a Parma

Nella giornata di giovedì 24 ottobre a Sant’Andrea Bagni, nel parmense, è stato ritrovato il corpo di Marina Cavalieri, 62 anni, uccisa presumibilmente dal marito. Secondo le prime ricostruzioni, egli, dopo aver ucciso la moglie con un colpo di fucile (probabilmente la notte tra il 21 e il 22 ottobre, mentre la donna dormiva) ne abbandonava il corpo e scappava. È stato arrestato giovedì sera a Grosseto, al momento si trova in stato di fermo, con l’accusa di femminicidio.

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprime dolore e solidarietà a familiari ed amici di Marina Cavalieri. Proviamo una profonda rabbia per l’ennesima vita presa dalla violenza maschile. Una violenza che non si ferma neanche nelle contingenti difficoltà degli eventi alluvionali, che stanno provando la nostra regione, così come non si era fermata durante la pandemia.

La nefasta, progressiva reiterazione di femminicidi che dobbiamo, nostro malgrado, continuare a contare, evidenzia che la violenza sulle donne non sia e non possa essere trattata come un fatto privato, contingente ed eccezionale, ma sia, piuttosto, un grave problema sociale. Un efficace contrasto alla violenza di genere ne presuppone il riconoscimento, quale fenomeno radicato, trasversale ad ogni ceto sociale, età o condizione economica, alimentato da un pregiudizio culturale, da un’asimmetria di poteri, tra uomini e donne, storicamente sbilanciati. Per contrastare un tale problema serve un cambiamento culturale. Per questo sono necessari impegno, risorse e strategie sul breve, medio e lungo periodo.

Abbiamo bisogno di finanziamenti e sostegno per i Centri Antiviolenza che riconoscano la specificità del nostro lavoro, ma anche di interventi nel tessuto sociale, dalle scuole agli ambiti professionali, che producano il cambiamento necessario per superare la violenza di genere. Anche il modo in cui si parla di violenza è importante. La narrazione della violenza di genere deve essere attenta al rispetto della donna, anche nella scelta delle parole. Il termine “femminicidio”, anziché “omicidio”, quanto a morire è una donna, è entrato, ormai, nel linguaggio corrente. Sarebbe, però bene, che vi fosse piena consapevolezza di ciò che significa. Parafrasando le parole della compianta Michela Murgia, rimarchiamo che la parola “femminicidio” non dice solo che è stata uccisa una donna, ma dice anche il perchè; dice, cioè, che una donna è stata uccisa, perché si è ribellata alla prepotenza di un uomo ed ha scelto per se stessa.”

Alle donne ricordiamo ancora che si può uscire dalla violenza. I Centri Antiviolenza sono sempre aperti, anche solo per una consulenza o per chiedere informazioni. Non c’è mai obbligo di denuncia. È possibile trovare i contatti dei CAV del Coordinamento su www.centriantiviolenzaer.it. Il Centro Antiviolenza ODV di Parma si trova in Vicolo Grossardi n.8 e risponde al 0521238885.

Referente per la stampa:

Cristina Magnani Presidente del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna

Samuela Frigeri, Presidente Centro Antiviolenza ODV- Parma

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna sul femminicidio di Loretta Levrini 

Bologna, 23 settembre 2024

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna sul femminicidio di Loretta Levrini 

Nel pomeriggio di domenica 22 settembre, a Spezzano di Fiorano, è stata trovato il corpo di Loretta Levrini, 80 anni. È stata uccisa dal figlio convivente, che ha confessato il femminicidio in diretta tv nella giornata di ieri, tornato dopo 24 ore davanti all’abitazione della madre. 

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprime dolore e costernazione per questo ennesimo femmicidio. Dalle parole del figlio, reo confesso, come riportate dalla stampa, pare che la donna avesse problemi di salute.

Dall’inizio del 2024, secondo i dati del Viminale, sono state 65 le donne uccise da uomini, in contesti di violenza endofamiliare o di relazione interpersonale. Tra le donne uccise non sono poche quelle anziane, malate, non più in grado di occuparsi dei familiari, ma esse stesse bisognose di cura, di quell’assistenza che, purtroppo, per i meno abbienti, non trova altra risorsa che nei familiari: mariti, figli, figlie. 

Solo pochi giorni fa è stata uccisa dal marito, in circostanze analoghe, a Ravenna, un’altra anziana donna affetta da malattie. È necessario che anche questi femminicidi muovano una riflessione. Non si tratta di tragedie inevitabili. Occorre chiedersi perché queste donne vengano uccise proprio dai mariti, dai figli maschi, che sono chiamati a prendersene cura. Perché quelli che, impropriamente, sono definiti “omicidi pietistici” non sono mai agiti dalle donne, ma sempre dagli uomini? 

La risposta a queste domande è da ricercare nella convenzione sociale, errata ma tuttora presente, secondo la quale il femminile ha, da sempre, la responsabilità della cura, il maschile no. Occorre che la responsabilità della cura sia condivisa sia in famiglia che nel welfare pubblico, tuttora strutturato con notevole squilibrio di genere nei settori della cura e dell’insegnamento, con una forte concentrazione stereotipata dei ruoli. Certo, serve uno stravolgimento culturale. Difficile riuscirci con gli adulti. Per questo è necessario lavorare soprattutto sui bambini, eliminare gli stereotipi di genere dall’insegnamento. 

È fondamentale che, fin dalla più tenera età, già nella scuola materna, sia insegnato ai bambini che uomini e donne hanno le stesse responsabilità e le stesse mansioni in casa.“Il papà legge il giornale e la mamma lava i piatti”, quante volte lo abbiamo letto, nei nostri libri delle elementari? Certo, non sono frasi come queste che armano la mano di un femminicida, ma l’insofferenza per la costrizione a determinati ruoli di assistenza e di cura, che una cultura, patriarcale e sperequativa, relega alle donne.

Serve un cambiamento culturale e strutturale, ma quando si inizierà davvero?

Referente per la stampa:

Cristina Magnani Presidente del Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia Romagna

Elena Campedelli Presidente della Casa delle donne contro la violenza – Modena