18/02/2025
Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna sull’esclusione dei CAV dal processo per il femminicidio di Sofia Stefani
Si è aperto ieri il processo a Giampiero Gualandi per il femminicidio di Sofia Stefani e la Corte d’Assise di Bologna sembra aver già deciso che non si è trattato di un femminicidio. Con questa motivazione, infatti, ha giustificato l’esclusione dei Centri Antiviolenza che avevano richiesto di costituirsi parte civile nel processo. Una decisione inquietante e molto preoccupante per lo stato della giustizia a Bologna e in Italia.
“Come Coordinamento dei Centri Antiviolenza – commenta la presidente del coordinamento Laica Montanari – esprimiamo profonda preoccupazione e indignazione per una decisione che ci risulta del tutto incomprensibile. La decisione di escludere le associazioni che si occupano di contrasto alla violenza non è riducibile ad un tecnicismo procedurale, ha un chiaro ed inquietante valore politico. Ci chiediamo, di fronte a questa decisione, che cosa significa femminicidio per i tribunali?”
Con il termine femminicidio facciamo riferimento a tutti quei casi in cui una donna viene uccisa in quanto donna. Con questo non ci limitiamo ad indicare crimini d’odio espliciti, ma tutti quei casi in cui a creare i presupposti per la violenza è la cultura patriarcale in cui viviamo. La violenza sulle donne non ha niente a che fare con la passione o con i sentimenti. È una questione di potere. E di questioni di potere, in questa storia, ce ne sono molte. Gualandi non era un collega – come è stato più volte erroneamente indicato – ma il capo di Sofia Stefani. All’interno di una struttura dove la gerarchia è particolarmente importante, Gualandi era il commissario capo della polizia locale, mentre Sofia Stefani era una vigilessa precaria a cui non era stato rinnovato il contratto. Gualandi ricopriva anche un ruolo nel sindacato della sua categoria, e secondo alcune ricostruzioni emerse sui giornali si era offerto di aiutarla in seguito al mancato rinnovo del contratto. Gualandi, infine, aveva il doppio degli anni di Sofia Stefani, un altro elemento che contribuisce ad aumentare l’asimmetria di potere tra i due. Sarebbe difficile parlare di relazione e non di abuso anche se questa “relazione” non si fosse conclusa con l’assassinio di Sofia Stefani. Stando a quanto riportato dal Resto del Carlino, tra l’altro, nel 2014 Gualandi era stato querelato per molestie da una collega, ma la vicenda si era risolta con il ritiro della denuncia da parte della donna.
È fondamentale che i tribunali sappiano riconoscere la violenza di genere. Per farlo, forse sarebbe utile ascoltare i Centri Antiviolenza invece di escluderli.
Referente per la stampa:
Laica Montanari, Presidente del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna