Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna sul femminicidio di Loretta Levrini 

Bologna, 23 settembre 2024

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna sul femminicidio di Loretta Levrini 

Nel pomeriggio di domenica 22 settembre, a Spezzano di Fiorano, è stata trovato il corpo di Loretta Levrini, 80 anni. È stata uccisa dal figlio convivente, che ha confessato il femminicidio in diretta tv nella giornata di ieri, tornato dopo 24 ore davanti all’abitazione della madre. 

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprime dolore e costernazione per questo ennesimo femmicidio. Dalle parole del figlio, reo confesso, come riportate dalla stampa, pare che la donna avesse problemi di salute.

Dall’inizio del 2024, secondo i dati del Viminale, sono state 65 le donne uccise da uomini, in contesti di violenza endofamiliare o di relazione interpersonale. Tra le donne uccise non sono poche quelle anziane, malate, non più in grado di occuparsi dei familiari, ma esse stesse bisognose di cura, di quell’assistenza che, purtroppo, per i meno abbienti, non trova altra risorsa che nei familiari: mariti, figli, figlie. 

Solo pochi giorni fa è stata uccisa dal marito, in circostanze analoghe, a Ravenna, un’altra anziana donna affetta da malattie. È necessario che anche questi femminicidi muovano una riflessione. Non si tratta di tragedie inevitabili. Occorre chiedersi perché queste donne vengano uccise proprio dai mariti, dai figli maschi, che sono chiamati a prendersene cura. Perché quelli che, impropriamente, sono definiti “omicidi pietistici” non sono mai agiti dalle donne, ma sempre dagli uomini? 

La risposta a queste domande è da ricercare nella convenzione sociale, errata ma tuttora presente, secondo la quale il femminile ha, da sempre, la responsabilità della cura, il maschile no. Occorre che la responsabilità della cura sia condivisa sia in famiglia che nel welfare pubblico, tuttora strutturato con notevole squilibrio di genere nei settori della cura e dell’insegnamento, con una forte concentrazione stereotipata dei ruoli. Certo, serve uno stravolgimento culturale. Difficile riuscirci con gli adulti. Per questo è necessario lavorare soprattutto sui bambini, eliminare gli stereotipi di genere dall’insegnamento. 

È fondamentale che, fin dalla più tenera età, già nella scuola materna, sia insegnato ai bambini che uomini e donne hanno le stesse responsabilità e le stesse mansioni in casa.“Il papà legge il giornale e la mamma lava i piatti”, quante volte lo abbiamo letto, nei nostri libri delle elementari? Certo, non sono frasi come queste che armano la mano di un femminicida, ma l’insofferenza per la costrizione a determinati ruoli di assistenza e di cura, che una cultura, patriarcale e sperequativa, relega alle donne.

Serve un cambiamento culturale e strutturale, ma quando si inizierà davvero?

Referente per la stampa:

Cristina Magnani Presidente del Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia Romagna

Elena Campedelli Presidente della Casa delle donne contro la violenza – Modena

LE DONNE HANNO IL DIRITTO DI INVECCHIARE E ANCHE DI AMMALARSI

Bologna, 10 settembre 2024

LE DONNE HANNO IL DIRITTO DI INVECCHIARE E ANCHE DI AMMALARSI

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna sul femminicidio di Piera Ebe Bertini

Nel primo pomeriggio di lunedì 9 settembre, a Ravenna, è stata uccisa Piera Ebe Bertini. È stata uccisa dal marito, che ha poi chiamato le forze dell’ordine per costituirsi. Il Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprime vicinanza ai familiari ed a tutte le persone colpite da questa violenza. 

Sono passati meno di 4 mesi dal femminicidio di Silvana Bigatti e di Eleonora Moruzzi prima di lei e purtroppo, riscontriamo gli stessi problemi nella narrazione di queste morti per mano maschile. La parola femminicidio, che è, finalmente, entrata a far parte del linguaggio comune, quando la donna uccisa, dal partner o dall’ex partner, è giovane ed in salute, sembra non essere considerata per le donne malate o di età superiore ai 70 anni.

Piera Ebe Bertini aveva 77 anni e soffriva di Alzheimer. Nessuna di queste è una condizione mortale od una colpa, eppure troppo spesso essere una donna anziana e/o malata, in Italia, porta a morti brutali e assassinii. Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna ribadisce che questa tipologia di delitti non ha niente a che fare con la pietà o l’eutanasia e tutto a che fare con la violenza contro le donne. Perché a decidere il fine vita non sono le donne, ma gli uomini, che si arrogano il diritto di uccidere.

Questa tipologia di femminicidi è il prodotto di una definizione sociale dei ruoli entro la famiglia, che ancora sostiene aspettative di accudimento in carico alle sole donne. La sovversione della responsabilità di cura, all’interno della famiglia o della coppia, è qualcosa di fronte al quale l’uomo si trova impreparato e reagisce spesso come se fosse egli stesso il soggetto leso. Così succede che una donna anziana e malata vada incontro all’abbandono o, in casi estremi, al femminicidio: l’eliminazione fisica di colei che non risponde più al ruolo attribuitole da una società patriarcale.

Enzo Giardi, il marito – e femminicida reo confesso – di Piera Ebe Bertini, ha 78 anni. Non si tratta di un mostro, ma del prodotto della società in cui viviamo. Quanti uomini della sua età hanno imparato a prendersi cura, quantomeno di sé stessi, se non della loro compagna o figli? Quanti sanno cucinare un pasto, rifare un letto o fare una lavatrice? Quanti sanno prendersi cura di una persona malata, prendere gli appuntamenti dal medico o fare un’iniezione? 

C’è bisogno che nelle scuole e nelle famiglie si insegni che la cura è una responsabilità anche degli uomini. Serve anche una politica di welfare, che non lasci sole le famiglie con persone malate croniche e anziane. 

Mentre ci impegniamo per costruire una società più giusta, i Centri del Coordinamento offrono accoglienza e supporto alle donne che desiderano intraprendere un percorso di fuoriuscita dalla violenza. Ricordiamo che a Ravenna c’è il nostro Centro associato Linea Rosa Odv, che da oltre 30 anni aiuta le donne a liberarsi da situazioni di violenza. È possibile rivolgersi al Centro chiamando il numero 0544 216316. È possibile chiamare anche solo per chiedere informazioni. Rivolgersi a un centro antiviolenza non comporta nessun obbligo di denuncia, e tutte le azioni del percorso di fuoriuscita dalla violenza sono guidate dalla donna.

Referente per la stampa:

Cristina Magnani Presidente del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna

Alessandra Bagnara Presidente Linea Rosa Ravenna